Loading Now

Acque reflue, pochi dissalatori e rete colabrodo. La denuncia dell’Aduc

acque refue dissalatori

Acque reflue, pochi dissalatori e rete colabrodo. La denuncia dell’Aduc

Pochi dissalatori, condutture idriche colabrodo e dunque continue dispersioni. L’associazione dei consumatori Aduc pone l’attenzione sul problema del recupero delle acque reflue.

Si parte da un dato emblematico quanto preoccupante: in Italia si disperde oltre il 40% di acqua per via delle condizioni della rete idrica. Per dare una idea del valore di questo dato percentuale, si tenga in considerazione che a Roma si spreca il 44% di acqua contro l’8% di Berlino. Diventa, dunque, necessario un immediato e strutturato intervento per reperire fondi per creare nuovi acquedotti oppure, quantomeno, tamponare l’emergenza sistemando l’attuale rete.



Ap-set-banner-Ambiente-in-Salute-728x90-1 Acque reflue, pochi dissalatori e rete colabrodo. La denuncia dell'Aduc
Ap-set-banner-Ambiente-in-Salute-240x400-2 Acque reflue, pochi dissalatori e rete colabrodo. La denuncia dell'Aduc

Acque reflue: dispersioni oltre il 40%

“Purtroppo, in Italia – sottolinea l’associazione dei consumatori – governi e amministrazioni sembrano non abbiano il concetto di manutenzione. Il metodo non è quello di intervenire quando ci sono dei problemi e questo avrebbe un costo basso, ma aspettare che questi problemi divengano sempre più grossi, manutenzione straordinaria, e quindi si spende di più”.

Nel nostro Paese, denuncia ancora Aduc: “abbiamo qualcosa come duemila enti gestori e, nonostante i vari referendum su acqua pubblica e acqua privata, è bene ricordare che l’acqua in Italia è sempre stata pubblica, mentre è la gestione dell’acquedotto che può essere pubblica o privata, e mediamente si tratta di società di gestione a capitale misto”.

Perché potenziare la manutenzione

L’associazione consumatori prende spunto dalla recente Giornata mondiale dell’acqua, caratterizzata da numerose iniziative e altrettante prese di posizione e dichiarazioni di ogni genere e ad ogni livello. “Il giorno dopo ce ne siamo già dimenticati – polemizza Aduc -. Ci sono i soldi del Pnrr, per esempio, che servono anche per far arrivare l’acqua potabile nelle case, ma noi siamo il secondo Paese al mondo per il consumo di acqua minerale in bottiglie di plastica perché non ci fidiamo dell’acqua che esce dal rubinetto. In alcuni casi eclatanti di inquinamento dovuto alle industrie che hanno inquinato le falde acquifere, per esempio Veneto e Piemonte, l’acqua veniva immessa nelle condotte come potabile”.

Share this content: