Autismo e inquinamento: bufala o realtà da dimostrare?
Si sente sempre più parlare del legame tra inquinamento e insorgenza dell’autismo tra i bambini. A spiegare che non si tratta di una bufala, come nel caso della correlazione tra vaccini e autismo, ma di un possibile legame con sempre maggiori prove scientifiche a sostegno, è la FNOMCeO, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri. Può l’aria malsana che respira una donna in gravidanza portare ad una futura diagnosi di autismo al bambino che porta in grembo? A seguito dei continui allarmi sul superamento dei limiti delle emissioni di sostanze inquinanti in molte città italiane, aumenta la preoccupazione tra i genitori sul futuro dei propri figli. In una rubrica contro le bufale e fake news, i medici della FNOMCeO raccolgono la letteratura scientifica più recente sull’argomento.
Cosa dice la scienza
La letteratura scientifica ha già ampiamente dimostrato una marcata associazione tra l’esposizione all’inquinamento atmosferico e i problemi di salute respiratoria nei bambini. Tuttavia, al momento i risultati degli studi condotti non hanno prodotto evidenze talmente forti da confermare un’associazione tra inquinamento dell’aria e disturbi dello spettro autistico, afferma FNOMCeO. Il motivo per cui si discute questa possibile associazione non è una bufala ma è che negli ultimi anni, anche a causa dell’aumento dei livelli di inquinamento, tra i diversi studi sugli effetti che l’inquinamento può avere sulla salute è aumentato il numero delle ricerche sugli effetti sul sistema nervoso e sui disturbi del neurosviluppo.
I numeri dell’inquinamento atmosferico
I principali agenti inquinanti atmosferici, quali il particolato atmosferico, soprattutto PM10 e PM2.5, il biossido di azoto (NO2), e l’ozono (O3), derivano principalmente da attività di trasporto, traffico automobilistico, riscaldamento domestico e processi industriali. Le politiche globali per migliorare la qualità dell’aria nei Paesi ad alto reddito stentano a raggiungere risultati ottimali, poiché il 97% degli europei continua a essere esposto a livelli di PM2.5 superiori ai limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’inquinamento atmosferico, tuttavia, si distribuisce in modo eterogeneo nella popolazione, con specifiche categorie di individui, come anziani e bambini, che risultano più vulnerabili.
Le cause dell’autismo: un puzzle complesso
Ad oggi, la causa del Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) rimane ancora non del tutto chiara. L’autismo, infatti, è considerato una condizione clinica multifattoriale, per la quale esiste una predisposizione genetica sulla quale vanno ad agire diversi fattori ambientali che rientrano nella sfera dell’epigenetica.
Il ruolo potenziale dell’inquinamento nell’autismo
Il dibattito sulla possibile correlazione tra inquinamento atmosferico e disturbi dello spettro autistico è attualmente oggetto di studio approfondito. La letteratura scientifica disponibile suggerisce che l’esposizione all’inquinamento atmosferico può influire negativamente sullo sviluppo neurologico. Risultati inferiori nei test cognitivi e di motricità, oltre a un aumento del rischio di disturbi comportamentali come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, emergono come conseguenze possibili.
Conclusioni ancora da dimostrare
Sebbene alcuni studi suggeriscano un’associazione tra inquinamento e autismo, specialmente durante l’esposizione in gravidanza, le prove attuali non sono ancora sufficientemente robuste per affermare con certezza questa relazione. Revisioni sistematiche, pur indicando una probabile associazione tra particolato fine, monossido di azoto e DSA, sottolineano la necessità di ulteriori ricerche per consolidare tali conclusioni.
Più ricerca per una diagnosi migliore
L’incertezza attuale in merito alle correlazioni tra inquinamento atmosferico e disturbi del neurosviluppo non riflette una mancanza di dedizione da parte dei ricercatori o una bufala, ma la complessità intrinseca delle patologie neurologiche. La ricerca continua a essere una priorità, poiché una migliore comprensione di questi disturbi è cruciale. L’informazione acquisita rappresenta, infatti, un fondamentale passo avanti per identificare terapie potenziali, soprattutto applicabili nelle fasi precoci dello sviluppo.
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