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Se la crisi climatica ci rovina anche il gusto del caffè

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Se la crisi climatica ci rovina anche il gusto del caffè

La crisi climatica sta rovinando anche una delle più piacevoli abitudini: sorseggiare una buona tazzina di caffè. La situazione è analoga a quella del cacao che, come ricorderete, aveva determinato robusti rincari sul costo del cioccolata. Ce ne eravamo accorti a Pasqua quando la spesa per le uova era diventata un salasso. In questo occasione a salire alle stelle è invece il prezzo del caffè. E molti bar italiani hanno già portato a 2 euro la quota per una tazzina. Una scelta che ha scatenato l’ira delle associazioni dei consumatori ma che vale la pena approfondire.

Perché sta salendo il costo del caffè?

Le quotazioni del caffè sono in rialzo perché si sta determinando una forte carenza di offerta dal Brasile, che nei prossimi mesi sarà ancora più marcata. La carenza di pioggia e un’inattesa ondata di freddo stanno mettendo a rischio i prossimi raccolti di arabica, di cui lo stato sudamericano è il principale coltivatore al mondo con una quota del 70% nelle forniture globali. Al contempo, mesi di siccità in Vietnam hanno ridotto sensibilmente la produzione di arabica, di cui il Paese asiatico è il maggior esportatore, specialmente in Europa.



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Allarme Codacons: la siccità non farà alzare solo i costi del caffè

I prezzi della materia prima sui mercati internazionali stanno dunque raggiungendo nuovi preoccupanti record. Aumenti che potrebbero portare a breve a forti rincari dei listini al dettaglio anche per una moltitudine di prodotti venduti in Italia. Come teme il Codacons.

“A fine agosto 2023 il prezzo del caffè Robusta era pari a circa 2439 dollari la tonnellata mentre oggi le quotazioni sui mercati hanno raggiunto quota 4.820, segnando un incredibile +97.62%, mentre l’Arabica nello stesso periodo è salito da 1,52 a 2,53 dollari alla libbra (+66.45%), ai massimi dal 2011. Quotazioni alle stelle che interessano materie prime utilizzate per prodotti molto consumati in Italia, e che rischiano di determinare rincari a raffica per i prezzi al dettaglio di una moltitudine di alimenti”. Si legge, appunto, in una nota diffusa dall’associazione dei consumatori.

In Italia spesa di oltre 8 miliardi di euro all’anno per il caffè

Solo per i prodotti a base di caffè gli italiani spendono oltre 8 miliardi di euro all’anno, circa 392 euro a famiglia: cialde e capsule valgono 595 milioni di euro annui, mentre il caffè per moka registra vendite per 640 milioni di euro. 7 miliardi di euro il business del caffè espresso consumato al bar. I prezzi al dettaglio hanno già risentito nell’ultimo periodo dell’andamento delle quotazioni, con i prezzi di prodotti a base di caffè che sono aumentati sensibilmente rispetto allo scorso anno. “Il rischio, ora, è di un nuovo impatto sui consumi degli italiani”, sentenzia il Codacons.

Scocchia (Ad Illycaffè): “Rialzo costi inevitabili per la crisi climatica”

“Contro l’aumento dei prezzi del caffè al bar ci sono due cose che si possono fare: boicottare i bar che speculano e tornare all’utilizzo della moka, che è più pratica e può addirittura trasformarsi in un atto di resistenza da parte dei consumatori”. A dirlo all’Adnkronos è Gabriele Melluso, presidente di Assoutenti, commentando le parole dell’Ad di Illycaffè Cristina Scocchia secondo la quale, a causa del rialzo dei costi della materia prima e del cambiamento climatico, il prezzo della tazzina di caffè al bar potrebbe presto arrivare a toccare i 2 euro.

Assoutenti contro la tazzina a 2 euro

“L’aumento del prezzo della tazzina di caffè a 2 euro -osserva Melluso- potrebbe avere diverse implicazioni per i consumatori, incidendo sulle loro abitudini quotidiane e anche sulle tradizioni culturali legate al caffè”. In primo luogo, “potrebbe portare molte persone a ridurre il consumo di caffè al bar, preferendo invece la preparazione in casa”, oltre che “ridurre la frequentazione dei bar, che tradizionalmente sono luoghi di socializzazione e incontro”. E non solo: “L’aumento del caffè potrebbe minacciare anche una delle tradizioni più radicate in alcune regioni italiane, come quella del ‘caffè sospeso'”, che consente anche a chi non ha i mezzi di concedersi una piccola coccola per il palato e per l’anima.

La crisi climatica pagata a caro prezzo dai consumatori

Certamente, come ha evidenziato l’ad di Illycaffè Cristina Scocchia, l’aumento del prezzo della tazzina di caffè è influenzato da fattori esterni, come le condizioni meteorologiche nei principali Paesi produttori di caffè che riducono l’offerta globale e portano a un incremento dei costi.

“Il fatto -riflette ancora il presidente di Assoutenti- è che questo aumento viene inevitabilmente trasferito ai consumatori, i quali hanno un margine di azione limitato per influenzare tali dinamiche internazionali”.

La protesta contro chi specula e la riscoperta della Moka

Tuttavia, “esistono varie forme di protesta che i consumatori possono adottare per esprimere il loro dissenso; il boicottaggio dell’acquisto del caffè al bar, ad esempio, può essere una strategia utile. L’importante è però chiarire che questo tipo di azione dovrebbe essere mirato solo contro quei gestori che speculano cercando di trarre profitti ingiustificati. Non tutti i proprietari di bar, infatti, sono responsabili di questi aumenti; molti di loro subiscono essi stessi i rialzi dei prezzi e sono costretti ad adeguarsi, senza lucrare sul costo del caffè”.

C’è da dire, in ogni caso, che il problema arriva da più lontano e dipende dall’inflazione che sta provocando impatti significativi sul potere d’acquisto degli italiani, soprattutto per quanto riguarda i prodotti alimentari. “In Italia -spiega Melluso- l’88% dei beni primari, inclusi i prodotti alimentari, viene trasportato su gomma ed il trasporto su strada è direttamente influenzato dai costi del carburante, della logistica e dei pedaggi, tutti elementi che hanno visto un aumento notevole negli ultimi anni”.

Inflazione e perdita potere di acquisto: famiglie in difficoltà

Di conseguenza, “l’incremento dei costi di trasporto si riflette sui prezzi al consumo, contribuendo all’inflazione e riducendo il potere d’acquisto delle famiglie italiane. L’aumento del prezzo del caffè è un esempio concreto di come l’inflazione e i costi di trasporto si intersecano, influenzando i prezzi di un prodotto di largo consumo”.

Del resto, “se consideriamo che il caffè deve essere importato, spesso da Paesi lontani, i costi di trasporto su gomma all’interno del territorio italiano rappresentano una parte significativa del prezzo finale che i consumatori pagano; inoltre l’aumento dei costi non è solo legato al prezzo della materia prima, ma anche alla distribuzione e alla logistica necessarie per far arrivare il caffè nei punti vendita. Ed è così, alla fine, che il continuo aumento dei prezzi comporta una diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie italiane. Ciò significa che, a parità di reddito, le famiglie possono acquistare meno beni e servizi rispetto al passato. E nel caso specifico dei prodotti alimentari, questo si traduce in un incremento delle spese quotidiane, rendendo più difficile per molte famiglie mantenere lo stesso tenore di vita”.

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