Dermatite atopica, inquinamento ambientale induce e aggrava la malattia. Ecco perché
Smog, inquinamento ambientale, cambiamenti climatici e i loro, dannosi, effetti sulla pelle.
Recenti e diversi studi hanno ormai dimostrato una stretta correlazione, evidenziando, in particolare, un aumento della dermatite atopica per l’esposizione agli inquinanti. Anche quella delle future mamme, in attesa del lieto evento, che favorisce i rischi di sviluppo di questa patologia infiammatoria cronica entro i primi sei mesi di vita del neonato.
I dermatologi: “Limitare uso combustibili fossili, ridurre inquinamento atmosferico, installare dispositivi filtraggio aria”
I dermatologi della Sidemast, Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse, riuniti per il 98° Congresso nazionale a Giardini Naxos (Messina) mettono in luce il collegamento tra inquinamento e salute della pelle.
Per ridurre il rischio di sviluppo e aggravamento delle patologie della cute, dicono gli specialisti, “occorrono strategie di politiche ambientali che limitino l’utilizzo dei combustibili fossili. Politiche che promuovano pratiche di gestione sostenibile del territorio riducendo la quantità di inquinamento atmosferico. E prevedano l’installazione di dispositivi di filtraggio dell’aria negli ambienti indoor” sottolineano.
Inquinamento ambientale fattore di induzione o aggravamento della dermatite atopica
“E’ noto che variabili climatiche come la temperatura, l’umidità dell’aria, il carico di pollini e l’esposizione ai raggi Uv influenzino i segni e i sintomi della dermatite atopica”. Lo afferma Luca Stingeni, presidente del Congresso nazionale Sidemast.
Ma più recentemente, “l’inquinamento ambientale – continua – è stato segnalato come fattore di induzione o aggravamento della dermatite atopica attraverso molteplici meccanismi biologici. Tra questi, la formazione di radicali liberi dell’ossigeno, lo stress ossidativo, la compromissione della barriera cutanea e una risposta infiammatoria”.
Gli inquinanti atmosferici danneggiano la barriera cutanea. In che modo?
La cute rappresenta l’organo più esteso del corpo umano e funge da barriera tra l’organismo e l’ambiente esterno. Per questo, il costante contatto con l’ambiente e gli inquinanti atmosferici può danneggiare direttamente la funzione di barriera cutanea e alterare l’omeostasi. È il processo che tende a mantenere stabili le condizioni interne all’organismo. Questa alterazione contribuisce allo sviluppo e all’aggravamento delle malattie cutanee, come la dermatite atopica. In particolar modo, la cute dei soggetti che ne sono affetti è maggiormente sensibile se esposta a ossido di azoto, ozono e idrocarburi policiclici aromatici.
Stingeni: “Biossido di azoto compromette la barriera cutanea dei pazienti con dermatite atopica”
“L’alterazione della funzione della barriera epidermica – aggiunge l’esperto – viene misurata dal dermatologo con la metodica Tewl (Trans Epidermal Water Loss). È lo studio della perdita di acqua attraverso l’epidermide.
Da oltre 25 anni, è stato dimostrato che la pelle di persone con dermatite atopica esposta a inquinanti (come il biossido di azoto) compromette la barriera cutanea. Negli anni la ricerca ha prodotto molti lavori che hanno confermato la relazione tra la qualità dell’aria e la malattia”.
I dispositivi anti-pollution per la pelle
“L’impatto dell’inquinamento ambientale sul decorso della dermatite atopica e le importanti ripercussioni per il SSN – suggerisce Stingeni – dovrebbero essere valutati su ampie casistiche di pazienti. Correlando questi dati alla presenza di malattia cutanea e alla gravità dei sintomi. Al tempo stesso – evidenzia – è necessario invertire la tendenza a favore di politiche ambientali che riducano l’inquinamento atmosferico. Da un punto di vista della gestione clinica, è meritevole segnalare che alcuni dispositivi mirati al miglioramento della funzione barriera della cute riportano la dicitura anti-pollution“.
A conferma “che la ricerca clinica in tema di inquinamento ambientale e dermatite atopica sta producendo evidenze scientifiche su cui si basano le innovazioni terapeutiche per questa importante patologia infiammatoria cronica” connclude.
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