Ecco come la Green Brexit fa male all’ambiente
Il fallimento della Green Brexit è evidente: anziché guidare verso un futuro più sostenibile, la Gran Bretagna rischia di diventare un punto di accumulo per sostanze chimiche dannose, mettendo a rischio la salute dei cittadini e l’ambiente. Quattro anni dopo l’uscita dall’Unione Europea, avvenuta il 1° febbraio 2020, George Monbiot, editorialista del Guardian, critica aspramente la politica ambientale di Londra.
Sistema normativo separato
Secondo l’editoriale, tra i disastri del post-Brexit, la Gran Bretagna si trasforma in una sorta di “discarica” per sostanze chimiche tossiche che l’Unione Europea ritiene non sicure. Uno degli errori principali, secondo l’editorialista, è stata la decisione di adottare un sistema normativo separato per i prodotti chimici anziché mantenere gli standard comuni dell’UE, che avrebbero facilitato gli scambi anche dopo l’uscita. Il sistema normativo britannico, denominato UK Reach, è crollato nel caos, caratterizzato da sottofinanziamento, carenza di personale e crisi di competenze. L’Health and Safety Executive (HSE) ha impiegato mesi per pubblicare il suo programma di lavoro sulla regolamentazione delle sostanze chimiche.
Promesse non mantenute
Le promesse di una Green Brexit fatte da membri del governo, come l’ex segretario all’Ambiente Michael Gove, sono state completamente disattese, ribadisce il giornalista. Gove aveva assicurato il mantenimento e persino il potenziamento delle misure di tutela ambientale, ma la realtà è un’altra.
GB indietro rispetto a UE su uso sostanze tossiche
Il Regno Unito si trova ad affrontare una serie di sostanze tossiche ancora utilizzate, ma ormai bandite o limitate in Europa. Questo, continua il giornalista, include il piombo tetraetile, dannoso per il sistema nervoso, ancora presente nel carburante per aeromobili. Mentre l’UE continua a lottare contro le sostanze chimiche dannose, il Regno Unito sembra stagnare o addirittura regredire. Non sono stati adottati nuovi divieti o restrizioni significative, e persino quelle esistenti non vengono sempre applicate efficacemente.
Scarsi controlli e applicazione delle normative
Il divario normativo tra Londra e Bruxelles è, agli occhi dell’editorialista, evidente anche nel caso dei pesticidi neonicotinoidi, vietati nell’UE ma concessi nel Regno Unito sotto pressione dei produttori agricoli. La mancanza di volontà politica nel far rispettare le leggi ambientali è evidente, con organismi governativi sotto-finanziati e poco motivati.
I cittadini insorgono con azioni legali
Di fronte a questa crisi ambientale, un gruppo di cittadini ha intrapreso azioni legali contro il governo britannico, denunciando i suoi fallimenti nel proteggere l’ambiente e la salute pubblica. Queste azioni legali, seppur difficili e costose, rappresentano l’ultima risorsa di fronte a un sistema normativo che sembra al collasso.
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