Anche il riso italiano soffre stress ambientali e cambiamenti climatici. L’antiossidante che può salvarlo
L’Italia è il principale produttore di riso in Europa con circa il 50% dei raccolti e un quantitativo annuo di 1,5 milioni di tonnellate.
Le varietà di riso italiane sono apprezzate in tutto il mondo ma stanno soffrendo l’aumento della salinità dell’acqua. Questo fenomeno colpisce, in particolare, alcune zone come la Pianura padana, dove si concentra oltre il 95% della produzione nazionale. L’eccesso di sale nel suolo può infatti determinare la morte delle piante o, più spesso, una riduzione della produttività. Questo avvenimento sta interessando l’intera filiera produttiva, stimolando le ricerche sulla sicurezza alimentare.
Oltre all’eccesso di salinità del suolo, l’innalzamento delle temperature e le condizioni climatiche stressanti – poca neve, falde in abbassamento e acqua del mare in risalita verso le aree interne – stanno danneggiando le piante di riso destinate all’agricoltura. Le produzioni si riducono e si rischia la capacità produttiva del settore risicolo.
Il caldo record peggiora la salinità dei suoli e la produzione di riso in Europa
In Italia il riscaldamento globale ha portato negli ultimi mesi, secondo il CNR-ISAC, un febbraio e un inverno meteorologico da record. Nel 2024 i più caldi mai registrati, rispettivamente con +3.09 gradi centigradi e +2.19 gradi centigradi rispetto alla media degli anni 1991-2020.
Le zone di produzione italiane di riso sono: in Piemonte (Vercelli e Biellese), Lombardia (Lomellina e Pavia, e con il Piemonte fanno il 93% della produzione nazionale), Emilia-Romagna (Ferrara e Delta del Po), Veneto (Verona, Rovigo), Sardegna (Oristano e Muravera) ma anche in Toscana (Grosseto), Calabria (Piana di Sibari), Friuli-Venezia Giulia (Udine), Sicilia (Piana di Lentini) e ultimamente anche in Trentino.
Nel 2023 la superficie coltivata si è ridotta di 8.182 ettari (-3,7% rispetto al 2022, con 210.239 ettari). Nonostante l’annata italiana non sia stata tra le peggiori, in tutta Europa si registra un calo della produzione dovuto alle conseguenze del riscaldamento globale degli ultimi anni, dato che l’incremento della temperatura peggiora la salinità dei suoli.
Come combattere il riscaldamento globale per salvare le piante di riso. Lo studio
Per combattere gli effetti del riscaldamento globale, uno studio della dell’Università Campus Bio-Medico di Roma individua gli attributi molecolari di resistenza all’aumento della salinità di alcune tra le principali varietà di riso italiano. Inoltre, studia le caratteristiche che una pianta di riso deve avere per continuare a crescere e produrre anche in condizioni climaticamente avverse.
Le ricerche si sono concentrate su 4 varietà attualmente coltivate in Italia: due più tolleranti al sale come Baldo e Onice e altre due più sensibili al sale, Selenio e Vialone nano. Analizzando i tratti molecolari correlati a quelli fenotipici come i sintomi di sofferenza e il rallentamento della crescita dovuti alla salinizzazione dei suoli, gli studiosi hanno identificato nella capacità di produrre e accumulare antiossidanti la causa di una maggiore tolleranza allo stress salino. I primi dati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Antioxidants.
Cos’è il glutatione?
Dallo studio emerge che le piante più capaci di sopravvivere in un ambiente ricco di sale sono quelle in grado di accumulare una maggiore quantità di glutatione.
Si tratta di un antiossidante presente nelle cellule vegetali ma anche negli animali, nei funghi e in alcuni batteri, capace di prevenire lo stress ossidativo e l’invecchiamento cellulare.
Le piante di riso non sono resistenti allo stress salino
“Nei prossimi mesi sarà possibile identificare dei marcatori di tolleranza presenti nelle piante più resistenti alla salinizzazione dei suoli – ha spiegato la professoressa Vittoria Locato -. Una volta identificati sarà possibile, attraverso diversi approcci biotecnologici, trasferire le caratteristiche di resilienza alle varietà di riso che, pur avendo un grande interesse produttivo, non sono resistenti allo stress salino”.
Le varietà di riso più diffuse e commercializzate, apprezzate per le loro caratteristiche produttive o organolettiche ma non abbastanza resistenti alle mutate condizioni climatiche e ambientali, potranno così mantenere adeguati livelli produttivi in grado di soddisfare la domanda di riso anche nelle mutate condizioni ambientali.
“Grazie alla possibilità di incrociare le diverse varietà di riso – continua la professoressa Locato – sarà possibile trasferire caratteristiche di tolleranza agli stress ambientali a varietà di interesse agronomico. E ottenere così colture più resistenti ai cambiamenti climatici e quindi più produttive che conserveranno le proprietà organolettiche che rendono famosi i risi e i risotti italiani nel mondo”.
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