Italia in ritardo nella lotta al cambiamento climatico
L’Italia si conferma nella parte bassa della classifica globale e dell’Unione Europea per le performance climatiche, piazzandosi al 43° posto. Questo dato riflette il rallentamento nella riduzione delle emissioni climalteranti e una politica nazionale inadeguata a fronteggiare la crisi climatica, complice un Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) poco ambizioso. Il paese ha registrato un leggero miglioramento rispetto al 44° posto dello scorso anno, ma continua a rimanere lontano dalle prime posizioni occupate da Danimarca, Olanda e Regno Unito.
La classifica Germanwatch e il ruolo delle rinnovabili
Secondo il rapporto annuale Germanwatch, la Danimarca guida la classifica grazie a una significativa riduzione delle emissioni e allo sviluppo delle rinnovabili. Al contrario, Paesi come gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e l’Iran chiudono la graduatoria per il persistente utilizzo di combustibili fossili. Nonostante la crescita delle energie rinnovabili in molte nazioni, il ritardo nel phasing-out delle fonti fossili resta una delle principali criticità a livello globale.
Le critiche di Legambiente alla politica climatica dell’Italia
Legambiente evidenzia come l’Italia persegua una politica energetica miope, focalizzata su combustibili fossili e un possibile ritorno al nucleare. Per raggiungere gli obiettivi climatici, l’organizzazione propone di semplificare gli iter autorizzativi per le rinnovabili, puntare su un hub nazionale delle energie pulite e ridurre le emissioni del 65% entro il 2030, in linea con l’obiettivo di 1,5°C fissato dall’Accordo di Parigi. Solo un cambio di rotta deciso, sostiene Stefano Ciafani, potrà consentire al paese di affrontare la crisi climatica ed energetica.
Il ruolo dell’Unione Europea e delle economie globali
A livello europeo, l’Unione si posiziona al 17° posto, con 16 Stati membri nella parte medio-alta della classifica, tra cui Svezia, Portogallo e Germania. Tuttavia, la performance della Germania, maggiore economia europea, è penalizzata dall’inazione nei settori del trasporto e degli edifici. Sul piano globale, solo due membri del G20, Regno Unito e India, si distinguono per una buona performance climatica, mentre Paesi come Cina, Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita rimangono tra i peggiori contributori alle emissioni globali.
L’importanza della finanza climatica e della cooperazione globale
Mauro Albrizio di Legambiente sottolinea l’urgenza di politiche climatiche ambiziose non solo nei Paesi industrializzati, ma anche nei Paesi in via di sviluppo. Alla COP29 di Baku, un accordo per mobilitare almeno 1.000 miliardi di dollari l’anno in aiuti pubblici è considerato cruciale per affrontare le sfide climatiche. Tali fondi, destinati alla decarbonizzazione e alla ricostruzione economica delle comunità più vulnerabili, potrebbero essere finanziati tramite la tassazione delle attività ad alto impatto climatico e l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili.
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