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In montagna, la natura si prende cura del trattamento delle acque

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In montagna, la natura si prende cura del trattamento delle acque

Un nuovo progetto realizzato nelle Alpi Bergamasche rappresenta un esempio di come la natura possa essere impiegata efficacemente per il trattamento delle acque reflue. Anche in montagna, spesso associata all’idea di purezza, i problemi legati alle acque reflue non trattate e alla mancanza di reti fognarie sono una sfida significativa. Per affrontare queste problematiche, Acque Bresciane ha realizzato un nuovo impianto di fitodepurazione a Malonno, in alta Val Camonica.

I benefici della fitodepurazione

La fitodepurazione è un processo naturale che sfrutta la capacità degli ambienti umidi di depurare le acque reflue. Attraverso la collaborazione tra batteri, piante e suolo, questo metodo trasforma le acque reflue domestiche e agroindustriali in risorse pulite. Le piante, in particolare, svolgono un ruolo chiave, assorbendo i nutrienti generati dalla degradazione dei composti organici presenti nell’acqua. Tuttavia, per ottenere risultati ottimali, è necessario che le acque reflue subiscano un pre-trattamento primario. Ciò per ridurne il carico organico prima di entrare nell’impianto di fitodepurazione.

“Questo metodo offre numerosi vantaggi: alti rendimenti nel trattamento, bassi consumi energetici e una gestione semplificata. Inoltre, si integra perfettamente nel paesaggio, valorizzando gli ecosistemi locali,” spiega Sabrina Colli, Responsabile dell’Area Progettazione Unificata di Acque Bresciane.



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L’impianto di Malonno: un esempio di integrazione naturale

L’impianto di fitodepurazione di Malonno è stato progettato per una capacità di 100 abitanti equivalenti. È stato sviluppato per sostituire un vecchio impianto di depurazione, ormai obsoleto e difficile da mantenere. E per rispettare il Regolamento Regionale della Lombardia, che impone il superamento delle vasche Imhoff come unico sistema di trattamento delle acque reflue.

“Il nuovo impianto prevede un trattamento primario, che include la vagliatura e la gestione delle acque piovane in eccesso, seguito da un sistema di fitodepurazione a flusso sotterraneo orizzontale. Questo sistema è suddiviso in due letti paralleli, riempiti con materiali differenti e piantati con canne comuni (Phragmites australis),” aggiunge Colli. Le strutture in calcestruzzo dell’impianto sono completamente interrate, mentre le opere visibili, come i letti di fitodepurazione, sono state realizzate utilizzando materiali che si integrano armoniosamente nel paesaggio alpino.

Sostenibilità e collaborazione

La progettazione dell’impianto di Malonno ha coinvolto diverse competenze, tra cui quelle dell’UNIMONT (Università della Montagna). L’ente ha collaborato con Acque Bresciane per trovare soluzioni innovative. Tra queste, l’uso di materiali avanzati per migliorare le prestazioni dei letti di fitodepurazione e l’introduzione di gabbie filtranti leggere e facili da rimuovere, che ottimizzano le operazioni di pulizia e riducono il rischio di intasamento.

“Questo progetto rappresenta un esempio di come la sostenibilità possa essere integrata nella progettazione grazie alla sinergia tra utility, ricercatori, ingegneri e comunità locali,” afferma Francesco Esposto, Sustainability and Innovation Manager di Acque Bresciane. “Le soluzioni basate sulla natura sono uno dei principali driver progettuali di Acque Bresciane, soprattutto nei piccoli insediamenti, e fanno parte di una strategia più ampia di tutela della biodiversità e dei servizi ecosistemici.”

Soluzioni innovative per trattare le acque reflue

L’impianto di fitodepurazione di Malonno a Brescia dimostra come le soluzioni basate sulla natura possano essere efficaci nel trattamento delle acque reflue. Grazie alla collaborazione tra diversi attori e all’uso di tecnologie innovative, è possibile realizzare impianti sostenibili che rispettano l’ambiente e si integrano nel paesaggio, garantendo al contempo un trattamento efficace delle acque reflue.

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