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Maltempo, 9 milioni di italiani e 2 milioni di edifici a rischio alluvione

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Maltempo, 9 milioni di italiani e 2 milioni di edifici a rischio alluvione

Secondo il Centro studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI), oltre 9 milioni di persone e 2 milioni di edifici in Italia sono esposti ad alto rischio alluvionale. Il cambiamento climatico aggrava il dissesto idrogeologico, con lunghi periodi di siccità seguiti da piogge torrenziali, aumentando il rischio di alluvioni e frane. Il CNI sottolinea la necessità di migliorare il coordinamento tra il governo centrale e gli enti locali per interventi di prevenzione più efficaci e capillari. Sono stimate ancora 8.000 opere necessarie, con un costo di 27 miliardi di euro.

Fragilità idrogeologica: un rischio crescente

L’Italia, da sempre vulnerabile al dissesto idrogeologico, affronta oggi una sfida senza precedenti, amplificata dal cambiamento climatico. Il Centro studi CNI evidenzia come fenomeni climatici estremi – lunghi periodi di siccità alternati a piogge torrenziali – stiano mettendo a dura prova le aree a maggior rischio alluvionale. Non solo le zone ad alto rischio sono coinvolte, ma anche quelle a medio o basso rischio, come dimostrato dalle recenti alluvioni in Emilia-Romagna.

Dati preoccupanti: 15% della popolazione a rischio

Il rapporto del CNI riporta che ben il 15% della popolazione italiana vive in aree soggette a rischio alluvionale. Di questi, 6,8 milioni di persone risiedono in aree a rischio medio e 2,4 milioni in zone ad alto rischio. A questi si aggiungono i 2,1 milioni di edifici a rischio alluvione, il 15% del totale. Le regioni più vulnerabili includono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria, con oltre 3 milioni di famiglie esposte al rischio. Tuttavia, anche le aree considerate a basso rischio rappresentano un pericolo significativo per altri 12,2 milioni di italiani.



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Sfide e soluzioni: la strada da percorrere

Sebbene siano stati fatti progressi, come dimostrano i 6,6 miliardi di euro investiti negli ultimi 20 anni in oltre 6.000 interventi, questi non sono sufficienti a fronteggiare i cambiamenti climatici e i rischi emergenti. Per garantire una protezione più efficace, il CNI stima che siano necessarie ancora 8.000 opere, per un investimento stimato di 27 miliardi di euro. La sfida più grande resta la capacità di intervento capillare a livello locale, dove spesso mancano risorse tecniche e finanziarie adeguate per far fronte a tali emergenze.

La necessità di una governance condivisa

Il CNI sottolinea l’importanza di una stretta collaborazione tra governo centrale, enti locali e strutture tecniche, per garantire una gestione più efficiente delle risorse. È necessario migliorare la razionalizzazione dell’uso dei fondi pubblici e una pianificazione chiara degli interventi prioritari a livello nazionale. Gli enti locali giocano un ruolo cruciale, ma come evidenziato dalla Corte dei Conti, spesso non dispongono delle figure tecniche necessarie per avviare tempestivamente i cantieri di messa in sicurezza.

L’Italia è chiamata a intensificare gli sforzi per proteggere milioni di persone e edifici esposti al rischio idrogeologico. Solo con una governance integrata e interventi mirati si potrà affrontare efficacemente una sfida che il cambiamento climatico sta rendendo sempre più urgente.

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