Acque reflue, Mitsubishi condannata a pagare per la contaminazione da Pfas
Il Tar del Veneto ha pronunciato una sentenza storica il 28 maggio, rigettando il ricorso del colosso giapponese Mitsubishi Corporation e sancendo la sua responsabilità nella bonifica dei terreni contaminati dai Pfas dell’ex azienda chimica Miteni di Trissino, Vicenza. Questa decisione segna un importante passo avanti nella lotta contro l’inquinamento ambientale e la tutela della salute pubblica.
Le responsabilità di Mitsubishi
Secondo il tribunale amministrativo, tutte le società che hanno controllato Miteni nel corso degli anni sono da ritenersi corresponsabili dell’inquinamento, incluso Mitsubishi, che ha partecipato alla gestione dell’azienda dal 1988 al 2009. Durante questo periodo, Mitsubishi, insieme a EniChem, aveva rilevato una precedente attività chimica e continuato le operazioni sotto il nome di Miteni, mantenendo una significativa partecipazione azionaria che oscillava tra il 49% e il 90%.
Critiche alla gestione ambientale
La decisione del Tar ha sottolineato la “sussistenza di un’unità sostanziale dell’impresa” fra Mitsubishi e Miteni, rilevando la condivisione di persone fisiche nelle cariche societarie e un comportamento negligente nella gestione delle problematiche ambientali. Il tribunale ha criticato la vendita dell’azienda a International Chemical Investors (ICI) per la somma simbolica di un euro, senza alcuna garanzia riguardo alle criticità ambientali, un atto che ha impedito l’avvio tempestivo dei necessari interventi di bonifica.
La contaminazione da Pfas
Questa sentenza arriva in un contesto di crescente attenzione e preoccupazione per la contaminazione da Pfas nelle province di Vicenza, Verona e Padova. La scoperta, avvenuta nel 2013, di alti livelli di queste sostanze perfluoroalchiliche nelle acque potabili e nel sangue dei residenti ha scatenato una reazione a catena che ha portato alla dichiarazione dello stato di emergenza nel 2018 e all’istituzione di una zona rossa in 30 comuni.
Gli effetti nocivi dei Pfas
I Pfas, noti come “inquinanti eterni” per la loro resistenza alla degradazione ambientale, sono collegati a numerosi problemi di salute, tra cui malattie cardiovascolari, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, e vari tipi di cancro. La loro pericolosità è ulteriormente confermata da studi scientifici che hanno documentato un aumento della mortalità per malattie cardiovascolari e tumori nelle aree più colpite.
La reazione della comunità e delle autorità
Cristina Guarda, consigliera regionale di Europa Verde, ha accolto con favore la sentenza, sottolineando l’importanza di responsabilizzare le aziende e di mettere la tutela ambientale e la salute pubblica al centro delle attività produttive. “Il percorso giudiziario non è certamente concluso, ma ritengo che la sentenza funga ugualmente da monito per coloro che ritengono gli interessi economici privati prioritari rispetto qualsiasi tipo di garanzia per l’ambiente e la salute dei cittadini,” ha dichiarato Guarda.
Un processo penale in corso
Il processo penale parallelo, ancora in corso, vede dirigenti della Miteni e delle società a essa collegate accusati di gravi reati ambientali, tra cui avvelenamento delle acque e disastro innominato aggravato. La sentenza del Tar del Veneto rappresenta quindi non solo un passo verso la bonifica dei territori contaminati, ma anche un segnale chiaro che l’inquinamento ambientale e le sue conseguenze non rimarranno impuniti.
Un precedente importante nella giurisprudenza ambientale
La decisione del Tar è destinata a diventare un punto di riferimento nella giurisprudenza ambientale italiana, incoraggiando una maggiore responsabilità da parte delle aziende nel rispetto delle normative ambientali e nella protezione della salute pubblica. In un’epoca in cui le sfide ambientali sono sempre più pressanti, questa sentenza rappresenta un importante promemoria del ruolo cruciale che il sistema giudiziario può svolgere nella salvaguardia del nostro pianeta e delle generazioni future.
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