Sostenibilità, net zero, resilienza: le parole (abusate) della transizione ecologica
Sostenibile, green, resiliente, nature positive. Il linguaggio della transizione ecologica si è fatto strada ovunque: nei piani industriali, nelle policy pubbliche, nella comunicazione aziendale e persino nelle pubblicità. Ma quante di queste parole vengono usate con consapevolezza? E quante, invece, rischiano di diventare etichette vuote?
Nel 2025 è urgente fare chiarezza sul nuovo lessico ambientale, distinguere tra i concetti che guidano davvero il cambiamento e quelli finiti in pasto al greenwashing. Ecco una guida per orientarsi tra i termini chiave – e restituire loro significato.
Sostenibilità: il concetto più usato (e spesso svuotato)
Nata con il Rapporto Brundtland del 1987, la sostenibilità implica un equilibrio tra ambiente, società ed economia. Tuttavia, il termine è spesso utilizzato in modo generico, riferito solo all’aspetto ecologico o – peggio – come leva di marketing.
La vera sostenibilità, oggi, si misura su tre fronti:
- Ambientale, con la tutela delle risorse naturali e la lotta alla crisi climatica;
- Sociale, con l’inclusione, la giustizia e l’accesso ai diritti fondamentali;
- Economico, con modelli produttivi duraturi, innovativi e non predatori.
Net Zero: una promessa da leggere con attenzione
“Net zero” non significa emissioni zero, ma bilancio neutro tra ciò che si emette e ciò che si rimuove (tramite riforestazione, compensazioni, tecnologie di cattura della CO₂).
Un obiettivo ambizioso, ma che rischia di essere strumentalizzato: molte aziende lo sbandierano senza cambiare davvero i propri modelli produttivi, affidandosi unicamente a meccanismi compensativi.
Il rischio? Trasformare una strategia di lungo periodo in una scappatoia narrativa.
Resilienza: adattarsi per non soccombere
Il cambiamento climatico è già realtà. Ondate di calore, eventi estremi, siccità e alluvioni colpiscono ogni anno con maggiore intensità. Per questo si parla sempre più di resilienza climatica.
Essere resilienti non significa solo resistere, ma prevenire, adattarsi e trasformarsi. Per le città, le comunità, le scuole e gli ospedali significa ripensare infrastrutture, servizi e politiche per affrontare scenari instabili con prontezza e lungimiranza.
Nature Positive: oltre il “non nuocere”
È il termine emergente della sostenibilità 2025. “Nature positive” significa passare da un approccio difensivo (“impatto zero”) a uno rigenerativo: contribuire attivamente alla ricostruzione degli ecosistemi, migliorare suolo, acqua, biodiversità.
Non si tratta solo di piantare alberi, ma di misurare – concretamente – il ritorno positivo sull’ambiente. Un salto di paradigma che inizia ad affacciarsi anche nelle metriche ESG e nei bilanci delle aziende più avanzate.
Una transizione anche culturale
Il linguaggio non è neutro. Le parole che scegliamo per parlare di ambiente plasmano la percezione del problema e le soluzioni che immaginiamo. Ecco perché serve un vocabolario preciso, onesto, condiviso.
I media, la scuola, le istituzioni, le imprese hanno oggi la responsabilità di educare al significato autentico delle parole della transizione. Solo così potremo costruire un cambiamento reale, capace di resistere alle mode e alle scorciatoie.
Perché la vera sostenibilità inizia dalle parole. E si misura nei fatti.
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