Allarme Pfas: tra tumori e cibi contaminati, le ultime scoperte
Continuano a preoccupare i Pfas, composti chimici utilizzati in diversi settori industriali e resistenti alla degradazione naturale che, sempre più studi dimostrano, sono responsabili di gravi problemi di salute, tra cui infertilità e tumori.
Dopo i molteplici allarmi lanciati da Greenpeace che ne denuncia “una contaminazione fuori controllo” lungo tutto lo Stivale, mostrando acque inquinate in Piemonte, Toscana, Veneto e Lombardia, solo per citare i casi più recenti, un nuovo studio conferma l’associazione tra l’esposizione ai PFAS e l’aumento dei casi di tumori ai testicoli.
Non solo, una recente analisi evidenzia la presenza di PFAS nei frutti di mare, aggiungendosi alle indagini che ne dimostrano la presenza in frutta e verdura consumata in UE, confermando la crescente esposizione della popolazione ai rischi legati a queste sostanze pericolose.
Infertilità, tumori ai testicoli e PFAS
Aumentano i casi di tumori ai testicoli e l’infertilità nel nostro paese, e dietro questa tendenza sembra esserci una causa chiara: l’inquinamento da pesticidi, derivati della plastica, e Pfas, presenti diffusamente nell’ambiente e nei prodotti di uso quotidiano. È quanto emerso dal XVII Convegno di Medicina “Obesità, disfunzione erettile, infertilità: un complesso sindromico frequente”, tenutosi a Lecce il 12 e 13 aprile.
Il tumore al testicolo rappresenta uno dei cinque tumori più comuni nelle diverse fasce di età. Recentemente, in Italia, si è registrato un aumento del +2,6% nell’incidenza della neoplasia testicolare nella fascia di età 0-49 anni, secondo i dati forniti dall’Aiom, l’Associazione italiana di oncologia medica.
“Molte forme di inquinamento sono responsabili dell’aumento dei casi di tumori ai testicoli – ha spiegato Carlo Foresta, già professore ordinario di Endocrinologia presso l’Univeristà di Padova tra i relatori del congresso – e i dati scientifici ce lo dimostrano. Mi riferisco in particolare a pesticidi, derivati della plastica come ftalati, bisfenoli e soprattutto Pfas. Recenti dati pubblicati dai colleghi di Vicenza dimostrano come elevate concentrazioni di queste sostanze si associno a un aumento significativo dei tumori al testicolo”.
Cosa si sapeva già e il caso Veneto-Pfas e tumori
Il caso Veneto-Pfas ne è la conferma, come ricordato anche da Foresta. La regione è infatti “interessata dal più grande inquinamento ambientale da Pfas. E stando ai dati del Registro tumori veneto, negli ultimi vent’anni (1987-2017) l’incidenza del tumore testicolare dal 3,8% è balzata all’8%”.
“È noto il grave caso inquinamento da Pfas che ha interessato la regione Veneto per oltre un trentennio, e proprio nei residenti dell’area rossa a massima esposizione – ha ribadito l’esperto – già 5 anni fa avevamo dimostrato per la prima volta un significativo accumulo di queste sostanze nel testicolo di giovani uomini nati e cresciuti in quelle zone.
“Questi dati hanno dimostrato la capacità dei Pfas di attraversare la barriera emato-testicolare che normalmente funge da filtro, arrivando fino alle cellule germinali del testicolo, che sono quelle coinvolte nello sviluppo di seminomi e quindi tumori testicolari”, ha aggiunto Foresta.
“Inoltre – ha aggiunto Foresta – solo pochi anni dopo avevamo dimostrato la presenza di Pfas anche nel liquido seminale di soggetti esposti, suggerendo come non solo il testicolo, ma anche la prostata e le vescicole seminali, strutture che concorrono nella corretta produzione del liquido seminale stesso, possano essere certamente interessate dalla presenza di Pfas”.
In questo contesto, concludono gli esperti nel corso del congresso, le campagne informative e di screening attive al momento non sono sufficienti per affrontare questa situazione. Una carenza evidente se confrontata con l’approccio adottato per altri tipi di tumore, come il carcinoma cervicale, caratterizzato da una minore incidenza (1 caso ogni 442 soggetti tra 0 e 49 anni). Per il tumore del collo dell’utero infatti, la presenza costante di programmi di screening ha portato a una marcata riduzione dei casi, i quali ora risultano notevolmente inferiori rispetto a quelli riscontrati per il tumore al testicolo.
Contaminazione da Pfas: frutti di mare
Acqua, frutta e verdura e ora anche frutti di mare: la contaminazione da Pfas sembra non risparmiare nessun elemento della nostra dieta. Lo racconta un recente studio pubblicato sulla rivista Exposure and Health e ripreso su Medical News Today.
Gli studiosi hanno esaminato le pratiche alimentari e l’esposizione ai PFAS tra i residenti di Portsmouth (Regno Unito), una zona dove il consumo di frutti di mare è particolarmente diffuso. Inizialmente, hanno condotto un sondaggio su 1.829 individui nel giugno 2021 per comprendere quali varietà di frutti di mare consumassero e in che quantità. Questo sondaggio ha coinvolto sia adulti che bambini di età compresa tra 2 e 11 anni e ha rivelato che il 95% degli adulti ha dichiarato di aver consumato pesce nell’ultimo anno, principalmente gamberetti, salmone e tonno in scatola. Successivamente, i ricercatori hanno proceduto all’acquisto e all’analisi di un “paniere di frutti di mare” rappresentativo delle scelte più comuni disponibili sul mercato di Portsmouth. Questa analisi ha rivelato la presenza di 26 tipologie diverse di composti PFAS nei prodotti acquistati, tra cui gamberetti e aragoste. Da ciò è stato dedotto che coloro che consumano una grande quantità di frutti di mare potrebbero essere esposti a concentrazioni più elevate di PFAS.
Riconoscendo l’importanza di mantenere una dieta equilibrata e variegata, gli studiosi non consigliano di eliminare completamente i frutti di mare dalla dieta. Tuttavia, ribadiscono la necessità di condurre ulteriori indagini sugli effetti di queste sostanze chimiche sul corpo umano.
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