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La plastica nel mare vista dallo spazio: Mediterraneo e Alto Adriatico ne sono sommersi

La plastica nel mare vista dallo spazio: Mediterraneo e Alto Adriatico ne sono sommersi

Il Mar Mediterraneo, è ormai noto, è pieno di plastica. Ma è possibile monitorare i mucchi di rifiuti galleggianti nel mare e quantificare la portata di questa minaccia ambientale? L’aiuto può arrivare dallo spazio.

Un recente studio pubblicato su Nature Communications dimostra che i satelliti Sentinel-2 del progetto europeo Copernicus possono essere un prezioso strumento di sorveglianza ambientale. Sono in grado, infatti, di monitorare l’accumulo di rifiuti nei mari e trasformarsi, dunque, in un nuovo mezzo di vigilanza e tutela ambientale.

L’emergenza del Mar Mediterraneo: affoga in un mare di plastica

Il Mar Mediterraneo rappresenta l’1% delle acque ma include il 7% delle microplastiche marine a livello mondiale. La maggior parte delle specie marine subiscono i tremendi effetti dell’inquinamento, ingerendo plastiche o microplastiche. Sulle coste del Mediterraneo vivono 150 milioni di persone, che producono tra i 208 e i 760 kg di rifiuti solidi urbani l’anno per persona.

Le immagini proposte dai satelliti non lasciano dubbi: le coste italiane, in particolare l’Alto Adriatico, sono le aree più colpite dall’accumulo di rifiuti marini galleggianti. Ben l’80% è costituito da plastica. Le motivazioni sono da ricercare nelle forti precipitazioni che trascinano in mare i rifiuti prodotti dall’uomo, condotti poi dalle correnti marine. I satelliti riescono a vedere le lunghe scie di detriti che si formano lungo le linee di convergenza delle correnti marine. Non sono nati con questo obiettivo, ma i satelliti Sentinel-2 sono in grado di rilevarle, offrendo una stima della concentrazione di rifiuti in specificate aree.

Le tecnologie spaziali a tutela dell’ambiente

L’analisi è stata fatta con 300.000 immagini satellitari del Mediterraneo, scattate ogni tre giorni per sei anni. Grazie ai supercomputer e agli algoritmi avanzati, i ricercatori hanno identificato migliaia di scie di rifiuti, alcune lunghe fino a 20 km.

“Cercare aggregati di rifiuti grandi metri sulla superficie dell’oceano è come cercare un ago in un pagliaio”, fa presente Manuel Arias dell’Istituto di scienze marine in Spagna. L’impresa, invece, è stata possibile ed ha fornito la mappa più completa dell’inquinamento marino da rifiuti mai realizzata.



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Nuovi strumenti a difesa dell’ambiente

“I rilevamenti di rifiuti con un satellite non specializzato ci hanno permesso di identificare le aree più inquinate e i loro principali cambiamenti nel corso di settimane e anni – commenta Andrés Cózar dell’Università di Cadice -. I rifiuti vengono riversati nel Mar Mediterraneo mentre infuriano i temporali”.

I risultati dello studio hanno provato che le scie di rifiuti sono associate alle emissioni di rifiuti terrestri nei giorni precedenti. In questo modo, i dati satellitari possono guidare le operazioni di bonifica e valutare l’efficacia dei piani d’azione contro i rifiuti marini.

Il futuro monitoraggio dell’ecosistema marino

“Lo strumento è pronto per essere utilizzato in altre regioni del mondo” afferma Manuel Arias, ma il sistema può migliorare ancora. Un sensore specificamente dedicato al rilevamento della plastica oceanica potrebbe, infatti, rivoluzionare il monitoraggio dell’inquinamento marino.

Questa tecnologia può essere utilizzata anche per osservare le fuoriuscite di petrolio, le perdite di carico e persino agevolare le operazioni di ricerca e soccorso in mare.

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