Si è pentito Francesco Schiavone, il custode dei segreti sulla Terra dei Fuochi
Quando la criminalità organizzata gestisce attività illecite a danno di ambienti ed ecosistemi, si parla di ecomafia. Oggi che il boss camorrista Francesco Schiavone, detto Sandokan, si dichiara pentito, chi da anni lotta contro il dominio dei Casalesi chiede soltanto una cosa: parli, dica ciò che sa, soprattutto sui reati ambientali commessi da lui e dai suoi sodali. Una delle attività più redditizie era, ed è, lo smaltimento dei rifiuti tossici. La Terra dei Fuochi, tra Napoli e Caserta, è stata il cuore pulsante di questa operazione illegale: inceneritori, interramenti, amianto, discariche abusive a cielo aperto, rifiuti del nord, centro e sud Italia che hanno saturato oltre mille chilometri quadrati di terra sana, la Campania Felix, coinvolgendo 57 comuni e circa due milioni e mezzo di abitanti. Ma non solo.
Le radici del nefasto commercio affondano nei primi anni Ottanta, ma la verità ha cominciato a emergere tempo dopo, grazie alle indagini del vicecommissario di polizia Roberto Mancini. Nel 1996, Mancini consegnò alla Direzione Distrettuale Antimafia i risultati della sua inchiesta, che rivelava l’estensione e la gravità dello smaltimento illegale di rifiuti. Tuttavia, le indagini furono ostacolate e, qualche anno dopo, Mancini stesso pagò il prezzo più alto: morì di leucemia nel 2014, presumibilmente a causa dell’esposizione prolungata alle sostanze tossiche.
Le indagini in tutta Italia
Alle prime indagini ne sono seguite altre su tutto il territorio nazionale, che hanno rivelato una spaventosa realtà. A essere colpita non è stata soltanto la Campania: anche in altre zone della penisola, anzitutto nelle campagne del Basso Lazio sono stati scoperti smaltimenti di sostanze tossiche e tutto il territorio è attraversato da traffici illeciti di rifiuti che partono dall’Europa per arrivare via mare in Africa. Il fenomeno, dunque, ha assunto dimensioni intercontinentali. “Da Francesco Schiavone si potranno ambire informazioni di grande rilievo”, sostiene l’ex magistrato Federico Cafiero De Raho, sottolineando come Sandokan “potrebbe essere una fonte per sapere dove sono stati sversati realmente i rifiuti tossici”.
Quei rifiuti che, secondo il decreto legislativo n. 22 del 1997, andrebbero trattati con procedure specifiche che hanno costi precisi. Ma per diverse imprese di tutta Italia affidarsi alla criminalità ha significato ridurre gli oneri economici, scaricando il peso sull’ambiente e sulla salute pubblica. Diagnosi di tumori, asma, varie forme di leucemia, malformazioni congenite sono la realtà quotidiana nella Terra dei Fuochi: la relazione causale tra l’insorgenza di queste gravi malattie e lo smaltimento illegale dei rifiuti non è più solo un’ipotesi, ma una drammatica certezza. Carmine Schiavone, cugino di Francesco e tra i primissimi collaboratori di giustizia dei Casalesi, lo aveva detto: “In quelle terre moriranno tutti, moriranno milioni di persone”.
Il parere degli scienziati sulla Terra dei Fuochi
Una prima conferma dagli scienziati arrivò nel 2012, quando l’Istituto Pascale di Napoli diffuse cifre da brividi: in soli dieci anni, dal 1998 al 2008, tra Napoli e Caserta i decessi per tumore erano cresciuti del 47%. Il tasso di mortalità femminile per tumore al polmone era il più alto in Italia, con un aumento del 100% in soli vent’anni (1988-2008) a fronte di una diminuzione di circa il 50% nel resto d’Italia. Poi, tre anni fa, la correlazione è stata ribadita da un rapporto prodotto grazie all’accordo stipulato nel giugno 2016 tra la Procura di Napoli Nord e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Dall’indagine è emerso che nella Terra dei Fuochi c’è una maggiore incidenza di tumore alla mammella, un tasso di ospedalizzazione per asma significativamente più elevato, un aumento delle leucemie infantili e una maggiore prevalenza delle malformazioni dell’apparato urinario. Poche le soluzioni proposte, molte già conosciute ma difficilmente attuate: come il blocco degli sversamenti, le bonifiche e l’organizzazione di un percorso virtuoso di gestione del ciclo dei rifiuti. E poi la sorveglianza epidemiologica permanente delle popolazioni, con attività di prevenzione e screening.
Intanto, sono ancora troppe le domande che tormentano la popolazione delle terre avvelenate: chi sono stati i complici? Che volto hanno gli imprenditori che hanno usufruito del sistema dei Casalesi? Quanti altri territori sono stati contaminati? E, soprattutto, sarà mai possibile avere giustizia?
Adalgisa Marrocco
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