Smog e cancro testa-collo, il PM2.5 sotto accusa
Un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports rivela un legame preoccupante tra l’esposizione al particolato fine (PM2.5) e l’aumento dell’incidenza del cancro testa-collo, un gruppo di neoplasie che coinvolge aree come la bocca, la faringe e la laringe. La ricerca, basata su dati della rete nazionale americana SEER (Surveillance, Epidemiology, and End Results), suggerisce che anche esposizioni al PM2.5 risalenti a oltre un decennio possono influenzare significativamente l’incidenza di questi tumori.
Un rischio crescente col passare degli anni
Gli scienziati hanno osservato un legame particolarmente forte tra il PM2.5 e il cancro testa-collo quando si considera un intervallo di tempo di cinque anni tra l’esposizione e la diagnosi. In pratica, l’esposizione al particolato sembra avere un effetto ritardato, con il rischio che aumenta progressivamente per oltre due decenni dopo il contatto con il PM2.5. “I dati mostrano che l’associazione più alta è emersa a cinque anni dall’esposizione, ma persiste anche a lungo termine,” spiegano gli autori.
Un nemico invisibile: il PM2.5
Il particolato PM2.5 è una delle componenti più sottili e insidiose dell’inquinamento atmosferico. Con un diametro inferiore a 2,5 micron, queste particelle sono talmente piccole da poter penetrare a fondo nei polmoni e passare nel sangue, creando effetti dannosi per vari sistemi del corpo. Sebbene il PM2.5 sia noto per il suo ruolo nello sviluppo di malattie respiratorie e cardiovascolari, gli studi su un suo possibile effetto cancerogeno per le vie respiratorie alte sono ancora limitati. Tuttavia, questo studio porta nuova evidenza di come anche l’apparato testa-collo possa essere colpito.
Più casi nelle aree più inquinate
Analizzando i dati relativi a 600 contee degli Stati Uniti e controllando altri fattori come il fumo e l’uso di alcol, i ricercatori hanno osservato un aumento nell’incidenza di tumori della bocca e della laringe nelle aree con livelli più alti di PM2.5. I risultati evidenziano come il rischio rimanga elevato anche in presenza di esposizioni prolungate a basse concentrazioni, richiamando l’attenzione sulla necessità di regolamentare in modo più stringente i limiti di particolato nell’aria.
Disparità sociali e inquinamento
L’impatto dell’inquinamento atmosferico colpisce soprattutto le comunità più vulnerabili. I quartieri con redditi più bassi e le minoranze etniche spesso vivono in aree con livelli di inquinamento più elevati, fattore che può contribuire all’aumento dei casi di cancro. Questo studio rappresenta quindi anche un richiamo alla giustizia ambientale e sanitaria, evidenziando come l’inquinamento sia un fattore determinante nella salute pubblica e un potenziale aggravante per le disparità esistenti.
Più ricerca per una prevenzione efficace
Anche se l’associazione tra PM2.5 e tumori testa-collo appare sempre più evidente, gli autori sottolineano la necessità di ulteriori studi per capire meglio i meccanismi di sviluppo di questi tumori e le modalità con cui l’inquinamento atmosferico incide. Aumentare la consapevolezza dei rischi legati al particolato e migliorare le normative sull’aria potrebbero contribuire a ridurre l’incidenza di questi tumori, proteggendo la salute di tutti i cittadini, specialmente quelli più esposti.
Con questo studio, il legame tra inquinamento e tumori continua ad arricchirsi di nuove evidenze, spingendo la comunità scientifica e i decisori politici verso un impegno più forte nella lotta per un’aria più pulita e per una salute pubblica più equa.
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