Smog e freddo aumentano la mortalità per bronchiectasie
Un recente studio pubblicato su eBioMedicine ha rivelato che l’esposizione a breve termine agli inquinanti atmosferici e alle temperature rigide aumenta significativamente il rischio di mortalità per bronchiectasie. La ricerca, condotta in Cina su oltre 19.000 decessi avvenuti tra il 2013 e il 2019, ha evidenziato come il particolato fine (PM2.5), l’ozono (O3) e il freddo intenso siano i principali responsabili di questo incremento.
Una patologia sottovalutata ma grave
Le bronchiectasie sono una malattia polmonare cronica caratterizzata da un’alterazione irreversibile dei bronchi, che rende difficoltosa l’eliminazione del muco. Questo porta a tosse persistente, produzione di espettorato e infezioni respiratorie ricorrenti, aumentando il rischio di mortalità rispetto alla popolazione generale. Nonostante la sua gravità, la patologia è spesso trascurata e colpisce in modo sproporzionato popolazioni già vulnerabili, come quelle indigene in Australia e Canada.
Inquinamento e clima: un mix letale
Lo studio ha dimostrato che il PM2.5 e l’ozono sono gli inquinanti più pericolosi per i pazienti con bronchiectasie. L’effetto delle basse temperature, invece, è stato osservato soprattutto nei giorni successivi all’esposizione, raggiungendo il massimo impatto sei giorni dopo e diminuendo gradualmente entro l’undicesimo giorno. Una riduzione di 10 °C è stata associata a un aumento del 12% del rischio di morte.
Gli uomini e gli anziani, in particolare coloro che vivono nelle regioni settentrionali della Cina durante i mesi freddi, sono risultati tra i più vulnerabili. Anche le donne, specialmente nelle aree meridionali, hanno mostrato una maggiore suscettibilità alle temperature rigide.
Conseguenze e strategie per il futuro
Questi risultati sottolineano l’urgenza di interventi mirati per ridurre l’inquinamento atmosferico, in particolare i livelli di particolato fine e ozono, e per proteggere le popolazioni più a rischio dagli effetti del clima rigido. Politiche di controllo ambientale e piani di adattamento alle temperature estreme potrebbero contribuire significativamente a ridurre il peso di questa malattia, migliorando la qualità della vita e riducendo i tassi di mortalità.
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