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Lo stato di salute dei mari siciliani peggiora di anno in anno

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Lo stato di salute dei mari siciliani peggiora di anno in anno

L’analisi del biologo Carmelo Isgrò, fondatore e direttore del MuMa – Museo del Mare

di CRISTINA SAJA

I mari siciliani non sembrano scoppiare di salute, è questo il parere dell’eserto biologo Carmelo Isgrò, già fondatore e direttore del MuMa – Museo del Mare di Milazzo, biologo divulgatore e protettore delle acque marine.

Le cause principali? Pesca e inquinamento

“Tra le principali cause vi è certamente lo sfruttamento dei mari siciliani per la pesca che avviene oltremodo quotidianamente, oltre ovviamente all’inquinamento difficile da arginare – ha affermato Isgrò –. Spesso ci dimentichiamo che tutte le nostre attività sulla terra, inevitabilmente influenzano lo stato di salute dei nostri mari. Tra i problemi più diffusi in Sicilia, le discariche abusive che vengono inglobate dai torrenti durante i temporali e finiscono in mare”.



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Sensibilizzare per formare cittadini consapevoli

Arginare il pericolo di inquinamento è diventato ormai prioritario e il direttore del MuMa lo sa bene. È per questo che, orai da anni, intraprende importanti attività di sensibilizzazione e formazione con bambini e ragazzi attraverso dei progetti direttamente con le scuole. “I futuri cittadini del domani, soprattutto coloro che abiteranno a contatto con il mare così come avviene in Sicilia, hanno bisogno di diventare adulti consapevoli, devono imparare a rispettare l’ambiente e le leggi che lo tutelano. – ha dichiarato Isgrò, il quale ha aggiunto – Potrebbe essere anche incentivante che le norme poste alla base della tutela ambientale creassero un metodo per cui non inquinare diventi vantaggioso”.

Fonti rinnovabili, leggi più severe e maggiore informazione per arginare il fenomeno

Per l’esperto è imprescindibile che venga incentivato l’utilizzo delle fonti rinnovabili e che la formazione e sensibilizzazione avvenga a tutti i livelli. Sulle procedure di infrazione che la Commissione Europea ha intrapreso nei confronti degli Stati membri dell’UE, Isgrò commenta: “Non sono mai abbastanza e non arrivano come si dovrebbe al cittadino. Sarebbe necessaria una maggiore diffusione mediatica per far capire al comune cittadino che inquinare è costoso sotto ogni punto di vista: per la nostra salute, per la salute dell’ambiente e per le nostre tasche”.

Cosa dicono gli ultimi dati sui mari siciliani?

Stando a quanto raccolto nell’ultima traversata di Goletta Verde di Legambiente, avvenuta esattamente un anno fa, quanto detto da Carmelo Isgrò corrisponde purtroppo al vero: il 61% non sono risultati a norma di legge e 6 punti fortemente inquinati. Infatti, su 26 punti monitorati, 10 sono risultati entro i limiti di legge (39%) e 16 oltre i limiti di legge, di cui 13 risultati fortemente inquinati e 3 inquinati.

In particolare, i campionamenti hanno rivelato che i 2 punti monitorati nella provincia di Messina hanno dato esito infausto. Uno è risultato fortemente inquinato, la foce del torrente Patrì in località Cantone, dove è, purtroppo, comune il problema delle discariche abusive e della pesca.

Il Piano di gestione del distretto idrografico della Sicilia – III ciclo di pianificazione, 2021-2027 – è chiaro sul punto: gli scarichi urbani puntuali rappresentano una pressione significativa per il 48% dei corpi idrici fluviali, il 44% di quelli lacustri e il 71% delle acque marino-costiere. Una tipologia di pressione che, da sola o assieme ad altre più o meno impattanti, impedisce ai corpi idrici di raggiungere un buono stato, come richiesto dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60), intanto i nostri mari continuano a soffrire e a mutare anche la loro flora e fauna, prova ne è il ritrovamento del vermocane nelle acque siciliane e adiacente alle coste.  

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